il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

L'INQUILINO DELLA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO
la vera storia della casa
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339733 commenti | 64245 titoli | 25495 Location | 12702 Volti

Streaming: pagine dedicate

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  • Film: L'afide e la formica (2021)
  • Luogo del film: Il bar gestito da Concetta (De Luca)
  • Luogo reale: Piazza Mazzini, Nicastro, Lamezia Terme, Catanzaro
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  • Film: Non son degno di te (1965)
  • Multilocation: Lungotevere dei Pierleoni
  • Luogo reale: Lungotevere dei Pierleoni, Roma, Roma
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Maurizio Jiritano

    Maurizio Jiritano

  • Anna Liotti

    Anna Liotti

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Anthonyvm
Un uomo anziano racconta a una sua coetanea, affetta da demenza senile, la lunga e travagliata storia d'amore di un povero falegname e di una ricca rampolla. Melodramma diviso fra passato e presente, fedele agli standard narrativi di un qualsiasi romanzo strappalacrime, ma impreziosito da ottimi valori produttivi e un solido cast. Proprio il buon livello della confezione riesce a mascherare - o quantomeno a rendere tollerabile - l'agglomerato di banalità romantiche che, specie nelle sequenze in flashback, si acutizza in fastidiosi picchi di sentimentalismo. Leziosetto, ma potabile.
Commento di: Harden1980
Da un regista nominato agli Oscar per il miglior film straniero ci si aspetterebbe qualcosa di più, rispetto a questo fiacco dramma sentimentale ambientato in Brasile negli anni Trenta in cui una coppia di americani si trasferisce per arricchirsi ma lei, trascurata dal marito, imbastisce una relazione con un ragazzo del luogo. Peccato che siamo quasi dalle parti di uno spot per la crema abbronzante e che gli attori sembrino tutti uscire da un video di Ricky Martin. L'unica che pare aver capito dove si trova è la Bolkan, perfetta nella parte della madre dolente. Scarso.
Commento di: Noodles
Film diviso nettamente in due parti. Nella prima Francesco Rosi introduce la vicenda in medias res, con Salvatore Giuliano già morto e si limita a descrivere l'atmosfera del paesino siciliano. Interessante, ma la noia straziante domina. La seconda parte, che racconta il processo, è più statica ma paradossalmente più interessante perché in grado di mostrare la psicologia dei personaggi e di dipanare la matassa dell'ennesima inchiesta del regista. Nel complesso è sicuramente un bel film, ma la mancanza di ritmo iniziale rischia di annoiare davvero lo spettatore. Da vedere comunque.
Commento di: Retarkus
Il film fa fatica a partire per una sceneggiatura quasi inesistente e per la cattiva recitazione degli attori. Di horror c'è veramente poco e colui che ammazza tutti fa un po' sorridere. Dovrebbe essere uno psicopatico ma sembra piuttosto qualcuno a cui hanno imposto una parte che non gli appartiene. Il film si può tranquillamente evitare anche perché è difficile trovargli qualcosa da salvare. In una notte di mattanza rimane incomprensibile che i protagonisti parlino di banalità invece di affrontare il pericolo (la cosa più evidente) come nella maggior parte dei film di genere.
Commento di: Nicola81
Ex ispettore dell'antiterrorismo caduto in disgrazia a seguito di un attentato, viene convinto da un meccanico cingalese ad aprire un'improbabile agenzia investigativa... Vicende poliziesche mediamente interessanti, ma a colpire positivamente sono lo sguardo su una Milano multietnica, l'ottima recitazione complessiva e una galleria di personaggi molto ben tratteggiati, in cui più del protagonista Leo spiccano lo spassoso Shapi, la raffinata Arcuri e Sciarappa poliziotto diviso tra l'amicizia e le ambizioni di carriera. Chiusura da thriller politico che evita il facile happy ending.
Commento di: Rocchiola
Piccolo delinquente appena uscito di galera vuole vendicare la morte del fratello ucciso brutalmente da un potente boss da lui rapinato anni prima. Amatissimo da Tarantino, il miglior film di Flynn regista esperto in revenge-movie. Tra Charley Varrick, Getaway e Carter, un gangster-noir violento e disilluso ma con un finale scanzonato in controcorrente rispetto alla media del genere. Ottimo Duvall contornato da alcune tra le migliori facce dure degli anni 70. Inferiore ai modelli succitati per via di un ritmo un po' blando, riscattato però da una mezz’ora finale piuttosto movimentata.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Irrimediabilmente datato a causa di un'idea poi sfruttata al cinema altre infinite volte (l'uomo che si riprende dal coma scoprendo di aver perso la memoria), l'ultimo film di Duvivier imposta la sua storia partendo appunto dall'incidente che provocherà la tragica amnesia del protagonista

Con un non troppo virtuoso alternarsi d'inquadrature che passano dalla strada percorsa a gran velocità al corridoio della clinica dove viene ricoverato Georges Campo (Delon) ci svegliamo nel lettino con quest'ultimo, del tutto spaesato e incapace di ritrovare i ricordi...Leggi tutto di sé. Al punto che quando nella stanza entra sua moglie Christiane (Berger), non la riconosce. Lei d'altronde non può sperarlo, considerate le condizioni di lui, ma c'è comunque qualcosa, nella donna, che sembra tradire una certa ambiguità, sentimento che naturalmente il film cercherà di coltivare più a lungo possibile. Anche perché Georges fatica a fare anche minimi passi avanti, nel recupero della memoria. L'unica cosa che ritorna nella sua mente sono fortissimi ricordi di guerra, come se vi avesse partecipato di persona. Non è così, gli ricorda anche l'amico di famiglia Friedrich (Fantoni), ospite fisso della grande villa di campagna dei coniugi Campo, anche se è vero che è da poco rientrato da Hong Kong (Georges dimostra in effetti di conoscere qualche parola di cinese).

L'atteggiamento del protagonista, tuttavia, è meno arrendevole di quanto ci si aspetterebbe e anzi, gioca in modo quasi sbruffone con la moglie che si rifiuta di venire a letto con lui prima che abbia recuperato almeno parzialmente la memoria. Ed è proprio nel malizioso porsi di Georges nei confronti di una situazione ancora tutta da interpretare che il film può giocarsi le carte migliori. Anche perché Delon è sicuramente in parte, ben calato in un personaggio cui serve dimostrare di non sentirsi troppo vittima degli eventi subendoli senza reagire. E quando in casa crolla un lampadario dal soffito o si apre una botola a sorpresa in soffitta sfiorando la tragedia c'è da chiedersi se siano solo coincidenze...

Chi bazzica il genere avrà in mano già tante delle prevedibili risposte, anche se poi il finale un po' s'incarta nelle spiegazioni lasciando aperto qualche interrogativo. La credibilità d'altra parte non sembra una qualità del lavoro di Duvivier, artefatto in molti frangenti, forzato in più di un risvolto e con qualche figura la cui presenza appare del tutto superflua (il domestico cinese Kim, perdipiù goffamente interpretato dal tedesco Peter Mosbacher). Resta il magnetismo dell'avvenente coppia protagonista, che comunque recita con bravura, mentre la regia di Duvuivier appare compassata e il procedere fiacco della vicenda non aiuta (c'è da aspettare l'ultima parte perché finalmente accada qualcosa di significativo, ed è in fondo già la spiegazione dell'enigma)...

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Il primo spettacolo post-Covid di Siani non è poi così centrato sulla triste situazione derivata dalla pandemia come ci si poteva aspettare. Si sorvola sul problema preferendo porre l'attenzione su altro, ed essendo registrato al Teatro Arcimboldi di Milano una lunga parte è dedicata alle scontate differenze tra milanesi e napoletani, all'atteggiamento - visto naturalmente in chiave caricaturale - di chi vive per il progresso, per il successo, celebrando l'efficienza. Qualche bonaria presa in giro, ma Siani sa qual è il pubblico che ha di fronte e non affonda...Leggi tutto troppo il colpo, prevedibilmente. Anche perché a guardar bene i difetti sottolineati sono sempre gli stessi, col capoluogo lombardo invaso dalle pizzerie napoletane senza che in Campania, ci fa notare Siani, nessuno abbia mai pensato di aprire un ristorante milanese.

L'approccio del nostro è quello di sempre: semplice, ingenuo, verace... Non si sottrae a doppi sensi e giochi di parole puerili pur conoscendo i limiti degli stessi, si interrompe spesso per ridere tra sé e sé anche quando francamente ben poco ci sarebbe da ridere. In effetti la sensazione, una volta di più, è che il Siani intrattenitore, cabarettista vulcanico d'innata simpatia, sia nettamente superiore ai testi che porta in scena, la cui ricercatezza è assai relativa. Certo, si può far ridere anche solo sfruttando la propria verve, ma bisogna essere davvero molto bravi per riuscirci...

Battendo sui soliti tasti (le differenze tra l'uomo e la donna, l'inconsistenza della classe politica attuale...) si colpisce il bersaglio grosso, si ottiene di stimolare nel pubblico il facile gioco di complicità alla base del successo di tanti cabarettisti, ma poi bisognerebbe in qualche modo sapersi distinguere, e in questo Siani poco funziona: non aggiunge molto a quella che è la propria carica vitale, che in parte è quella del napoletano che fa buon uso del proprio dialetto senza renderlo incomprensibile ai più. Ha anche per questo una sua indubbia efficacia, quando ciò che si racconta offre qualche spunto di divertimento. Il fatto è che qui gli spunti buoni mancano, e si arranca inseguendo macroargomenti banali e affrontati similmente infinite volte.

Scarsa l'interazione col pubblico (e questo non è un male, per chi segue da fuori), numerosi gli inciampi che generano pause spesso riempiti da applausi che scattano automatici "in soccorso". Si ride molto moderatamente e vien da chiedersi che effetti otterrebbe Siani potendo attingere da testi meno qalunquisti e più articolati. Perché anche il saluto finale, con i metaforici regali che il nostro farebbe ad ogni singolo politico del suo tempo (Letta, Di Maio, Meloni, Renzi, Salvini e Berlusconi, che sarebbe morto di lì a poco) non rappresenta certo una chiusura entusiasmante...

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Paolo (Gelijeses) e Carlo (Barbareschi) sono due coinquilini molto diversi. Amici, certo, ma dagli interessi diametralmente opposti, per quanto anche il carattere più superficiale e spontaneo di Carlo sia comunque ispessito da un amore per la musica "colta" che lo porta a frequentare lezioni di violino con l'orchestra. Anzi, tra i due quello più stereotipato è Paolo: gestisce con Sandro (Cavallo) una libreria (la “Galleria dei Librari" dice l'insegna), ama i grandi scrittori e si giudica molto più maturo di Carlo, che cerca sempre di coinvolgerlo...Leggi tutto in uscite a quattro con altre ragazze semplici (che i due definiscono "manzotte").

Sullo sfondo di una Roma che non si fa troppo notare, il film cerca di inquadrare i due protagonisti concentrandosi di più su Carlo, come detto il carattere meno scontato a cui il giovane Luca Barbareschi rende un buon servizio uscendo dai canoni della recitazione tradizionale, più appannaggio di un Gelijeses che comunque non demerita.

Carlo ama vivere di notte, mentre di giorno suona in un gruppo rock nel quale si occupa non solo del violino ma anche delle tastiere. La cantante, con movenze punk da Jo Squillo, è Frizza (Melato, anche coautrice dei pezzi e voce reale dei brani), tuttavia ai margini di ogni dinamica sentimentale. Chi invece vi rientra a pieno titolo è Lili (Prati), che Paolo conosce in libreria e con la quale condivide da subito un certo tipo di interessi culturali: lei recita in un teatro underground (in compagnia c'è anche Carlo Monni) e trova affinità con la riservatezza e l'amore per l'arte di Paolo. Poi però, dopo aver inevitabilmente conosciuto anche Carlo, finisce col non trovarsi indifferente alle avance di quello e a cedergli, in gran segreto. Fino a quando...

L'amore a tre occupa tuttavia solo la seconda parte di un film che avrebbe invece l'ambizione invece di esserne indipendente, di potersi permettere di proseguire anche solo raccontando le diverse vite e i bonari screzi tra amici, intervallando le scene con qualche pezzo rock (c'è persino l'intera ricostruzione di un videoclip, per un un brano del gruppo) e sfruttando una sceneggiatura con qualche scambio simpatico, con un Barbareschi capace di sdrammatizzare quando c'è da sciogliere la tensione ma anche di mostrarsi più profondo quando le tematiche si fanno meno frivole.

A Victor Cavallo il personaggio secondario più incline alla battuta, mentre poco viene dalle scene in teatro o dall'incontro col nonno di Paolo. Finale meno riuscito di quanto vorrebbe, chiuso anzi quando meno ce lo si aspetta ma senza che questo significhi lasciar spazio a ulteriori riflessioni. Non una regia particolarmente incisiva, ma la recitazione e alcune situazioni permettono di non annoiarsi troppo... Apprezzabile il tentativo di raccontare la quotidianità di trentenni non troppo occupati mantenendo una certa leggerezza di fondo e affrontando il tutto con mirato disimpegno.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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